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7trainingdays
Siamo immersi in una fitta rete, intrappolati in connessioni che fanno di tutto per cementarsi, crescere, rinchiuderci. Ci dicono che questo è positivo, ci dicono avvicini, sostengono ci renda un unico popolo cavalcante la cresta dell’onda di un progresso inarrestabile.
Ma è una bugia.
La prima cosa che ne risente è la verità, che resta appiccicata sulle diramazioni della ragnatela. La seconda è la chiarezza, che si perde dietro uno schermo, un emoticon, un preconcetto, un’illazione, un pettegolezzo. La terza è il calore, il vero scambio.
Che si tratti del proprio partner, di un amico, di colleghi di lavoro, ogni giorno, sempre, il fraintendimento è alle porte, e la velocità a cui viaggiamo oggi lo amplifica a dismisura.
A distanza di 2 anni e mezzo dal precedente Wires ecco arrivare Stop the bombing, il nostro terzo album, attraverso il quale chiediamo una tregua, un momento in più per respirare, per sbrogliare la matassa di non detti, - o di “detti male” - per riuscire, dopo troppo tempo, a dirsi e a dire la verità.
Una richiesta, quasi una supplica – “Fermate il Bombardamento” – che a livello musicale torna indietro di qualche decennio: il respiro è quello a cavallo tra i ‘60 e i ‘70, le immagini che vengono in mente sembrano provenire direttamente dall’oscuro periodo americano di Nixon; periodo di pericoli annusati nell’aria e mai ben compresi, di manifestazioni e cartelli a sfidare il cielo, di slogan e terrorismo vero, feroce.
I riferimenti musicali dunque si spostano quel tanto che basta: l’eredità propria della band (Wilco, The National, The Black Keys) si arricchisce del sapore black di Curtis Mayfield e degli echi della Motown, e il tutto viene suggellato da novità assolute per quanto riguarda gli arrangiamenti, con trombe, sintetizzatori, wurlitzer, e armonizzazioni vocali multiple a far capolino per la prima volta nel nostro tessuto musicale.
L’album è stato prodotto al VDSS Recording Studio nella seconda metà del 2015 ed esce per VDSS Records l’11 aprile 2016.
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